LA FATA DEL LAGO di Anya


Al lago s'arriva in ripidi sentieri
secchi di polvere, due papaveri
rossi, e sui ciottoli della riva
biancheggiano i visi sciolti
dei bagnanti, steli d'alga
a sfiorarli leggeri, finché non
sono, gli occhi, lucide perle.

Tale è la quiete, del
verde giù dai fianchi,
inabissato profondo,
che, sebbene non sia
serpente, la sua nenia
m'incanta e, sciolti i capelli,
ora son quello, scaglia.

Respiro sul filo dell'acqua,
tra pesci guardiani della
fata con pupille di muschio,
e ne sento l'ansimare, poi il
ritrarsi veloce, nella bocca
d'un buio senza fondo,
squama con squama. sorella.

Tu che la fuggi, chiamandola
sirena d'orrore, dea maligna
dalle ciocche di serpe, infida
regina del lago, a te dico che
eppur è bella se un suo sguardo
fa me bambina, piegando
antica rabbia e disincanto.

"Attenta - sussurra l'aria,
disperdendo moti d'onda -
lei nasconde una lama
fra morbide labbra,
e non cerca, non chiede
più nulla alla vita,
la ruba."

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